Mentre in Europa si discute sul burkini, in Siria si continua a bombardare tutto e tutti con la scusa di combattere lo “Stato islamico”.
Vi propongo una riflessione diversa, un modo di guardare il mondo con un occhio meno populista e più attento.
Mentre in Europa si fa un gran parlare del burkini e si fa una gran confusione sul modo di coprirsi delle donne di fede musulmana, in Siria si ripete ogni giorno, il dramma di una guerra civile senza fine. Qualche giorno fa è comparso il video e la foto di un bambino coperto di polvere, ferito in Siria, ad Aleppo.
Il burkini versus bimbo ferito
Quel video e quella foto, che io non pubblicherò per rispetto del minore, è stata diffusa da un gruppo di attivisti siriani. Un modo duro, crudo, per sensibilizzare il mondo intero cieco e drammaticamente lontano da quello che avviene in Siria. Molti hanno pensato che quella foto fosse un oltraggio al minore, uno sciacallaggio, un pretesto per qualche minuto di notorietà.
Vi propongo la mia visione della storia.
Stando ai numeri che vi mostro in questa tabella,
da quando è iniziata la guerra civile sono morti a causa dei bombardamenti quasi 6000 bambini, il che mi sembra, non so a voi, un numero decisamente elevato.
Diffondere la foto di un bambino vittima di un bombardamento aereo, che può definirsi sproporzionato, non necessario su un edificio civile ad Aleppo, (violazione delle regole stabilite dal diritto internazionale umanitario) resta uno dei pochi modi rimasti per scuotere le menti dei potenti.
Personalmente non credo che le menti dei potenti si scuotano o che le loro coscienze possano avere un cedimento. Ho sentito diverse volte, nel mio ruolo di consulente di politica internazionale, la tragica frase: “se l’obiettivo militare prevede che ci siano delle vittime, beh è il prezzo da pagare per raggiungere l’obiettivo“.
Possiamo ragionare all’infinito sull’orrore della guerra, ma esistono delle regole precise per cui la guerra non può diventare il luogo dove tutti fanno un po’ quello che gli pare.
Bombardare ospedali è diventato oramai da fatto illecito nel diritto internazionale umanitario, un fatto all’ordine del giorno in molti paesi. Non distinguere più tra combattente e non combattente, altra circostanza a cui oramai nessuno ci fa più caso. Ed è proprio questo non farci caso, questo volersi chiudere gli occhi che fa scivolare l’intera umanità verso un baratro di menefreghismo totale.
Gli aiuti umanitari che non riescono ad arrivare alla popolazione siriana, perché dall’inizio del mese non è stato permesso a nessun convoglio di raggiungere le aeree assediate, questo non riempie nessuna pagina di giornale, di telegiornale, di quotidiano.
La Russia che continua allegramente a fare come le pare, addirittura utilizzando una base aerea iraniana per le missioni di bombardamento in Siria, in palese violazione della risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza che vieta la fornitura, vendita o trasferimento di aerei da combattimento all’Iran a meno che non sia approvato in anticipo dal Consiglio di Sicurezza. Ci si accontenta della dichiarazione del ministro degli esteri russo Sergei Lavrov che asserisce che gli aerei sono utilizzati dalle forze aeree russe con il consenso dell’Iran nel quadro dell’operazione anti- terrorismo in Siria su richiesta del governo “legale” siriano.
Ora ci sarebbe da chiedersi se questa operazione contro lo “Stato islamico” considera “terrorista” ogni uomo, bambino, donna, civile, membro dell’opposizione ad Assad, malato.
E il burkini?
Prima di tutto chiariamoci le idee sui tipi di velo utilizzati in diversi paesi.
HIJAB
copre capelli e collo. (Utilizzato prevalentemente in Egitto, Tunisia, Marocco, Algeria. Personalmente l’ho visto spesso indossato dalle donne pakistane)
NIQAB
velo che copre il volto della donna e che lascia gli occhi scoperti. (Utilizzato prevalentemente in Arabia Saudita, Yemen, Emirati Arabi Uniti).
BURQA
per lo più azzurro, con una griglia all’altezza degli occhi, copre interamente il corpo della donna. (Utilizzato prevalentemente in Afghanistan)
ABAYA
lungo dalla testa ai piedi, leggero ma coprente, lascia completamente scoperto il volto. (Utilizzato prevalentemente nei paesi del Golfo Persico)
CHADOR
generalmente nero, indica sia un velo sulla testa, sia un mantello su tutto il corpo. (Utilizzato prevalentemente in Iran)
Se solo si fosse pronunciata la parola sicurezza
Piuttosto che trattare la questione del lato dell’integrazione, se non altro perché in Italia esiste (grazie al cielo) la libertà di culto, sarebbe stato auspicabile che i termini si fossero sviluppati sulla sicurezza, sulla necessità che almeno il viso sia scoperto.
Il problema a mio avviso è che molti si accontentano di spiegazioni sbrigative, di commenti superficiali che possano contribuire al pensiero distorto che si ha su determinate situazioni. Commenti che possano avvalorare le personali tesi, piuttosto che criticarle o peggio ancora metterle in dubbio.
Io sono una sognatrice e continuerò a sognare che questo mondo possa risalire da questo burrone di banalità e superficialità.
L'articolo Burkini versus bambino ferito e bombe come se piovesse sembra essere il primo su Il blog di Barbara Faccenda.
Fonte: http://www.barbarafaccenda.it/burkini-versus-bambino-ferito-e-bombe-come-se-piovesse/
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