venerdì 27 gennaio 2017

Terrorismo biologico e “Stato islamico”

Trovare nuove vie per generare paura, nuovi metodi di terrorismo, sono le strategie future dello “Stato islamico”. Il terrorismo biologico è una di queste.

Partiamo da un presupposto importante: organizzazioni come lo “Stato islamico” o si rinnovano o muoiono. Per esso è necessario trarre il massimo vantaggio dalle risorse di cui gode.

Come tutte le organizzazioni che si basano sulla tattica del terrorismo, lo “Stato islamico” deve affrontare un dilemma persistente: l’abilità di generare, nel tempo, la paura. Quest’ultima potrebbe diminuire, dal momento che i potenziali obiettivi, mentalmente, si adeguano, si correggono o si aggiustano a questo tipo di minaccia.

I primi casi di alcuni tipi di attacchi: un attentatore suicida in un mercato affollato, ad esempio, hanno prodotto effetti psicologici estesi, ma la ventesima, cinquantesima, centesima volta tali effetti si sono manifestati con minore intensità.

Questo significa che i gruppi estremisti, in questo caso di natura islamica,  devono costantemente cercare nuove forme di attacchi per generare la paura  di cui si alimentano.

Qui è dove si trova lo “Stato islamico” oggi. L’orrifica, ben pubblicizzata, brutalità contro i nemici percepiti in Siria e in Iraq lo ha promosso dalla “seconda squadra” degli estremisti violenti islamici alla massima divisione. Una volta che ciò è avvenuto, il gruppo scopre che orchestrare o ispirare furia omicida in Europa, negli Stati Uniti o da qualche altra parte li eleva ulteriormente, aumentando perversamente  la sua levatura tra i violenti, arrabbiati, alienati musulmani nel mondo. Tuttavia adesso deve alzare ancora l’asticella, trovando nuove vie per creare la paura di cui ha bisogno per alimentare la sua strategia.

Perciò, lo “Stato islamico” si sta innovando, cercando la “prossima grande azione” all’interno della galassia dei gruppi estremisti islamici transnazionali che utilizzano la tattica del terrorismo.

Il problema è che non è facile trovare nuove forme efficaci di terrorismo con l’incremento dei controlli, della vigilanza nel mondo e dagli importanti miglioramenti nel contro-terrorismo, nella difesa nazionale, nelle capacità di intelligence delle nazioni che lo “Stato islamico” vuole colpire.

Tuttavia esiste il timore dell’utilizzo, da parte dell’ISIS, del terrorismo biologico.

Il terrorismo biologico

La guerra biologica è esistita per centinaia di anni. Durante la Guerra Fredda, si raggiunsero nuovi livelli quando l’Unione Sovietica costruì una massiccia capacità di guerra biologica. Per un momento gli Stati Uniti ebbero la loro capacità biologica offensiva. Oggi, sebbene, molte nazioni hanno abbandonato la guerra biologica, lo “Stato islamico” pare voglia giocare questa carta.

Il razionale etico per questo tipo di guerra è già in campo. Con la sua ideologia della “fine dei giorni”, lo “Stato islamico” crede che ogni cosa che fa avanzare i suoi interessi è accettabile, non importa quanto barbarica sia.

Un computer portatile catturato al gruppo nel 2014, già conteneva una fatwa di un religioso saudita che asseriva: “è permesso l’utilizzo di armi di distruzione di massa”. Nel 2015, analisti di contro-terrorismo, hanno notato che c’era una crescente discussione sui social media jihadisti sull’utilizzo del virus dell’ebola come arma.

Ad un’unità inglese che si occupa della minaccia chimica, batteriologica e radiologica, nel 2015, era stato dato il compito di analizzare la possibilità che gruppi estremisti come lo “Stato islamico” potessero utilizzare armi di distruzioni di massa. Nel rapporto si legge che questo tipo di gruppi potrebbero essere interessati all’utilizzo di armi biologiche.

Indicatori che gli strateghi dello “Stato islamico” stanno cercando di acquisire capacità per sviluppare e poi impiegare armi biologiche potrebbe essere quella della perdita dei territori che controlla.

La progressiva perdita di aeree in Siria ed in Iraq con tutta probabilità può intensificare la determinazione da parte del gruppo estremista ad ampliare gli effetti degli strumenti che ha a disposizione, possibilmente combinando la tattica del terrorismo alla guerra biologica.

La vera paura è che lo “Stato islamico” possa trovare un modo per usare la tecnologia moderna per sviluppare armi biologiche di nuova generazione.

La buona notizia è che il gruppo non sembra ancora avere acquisito una capacità effettiva di guerra biologica. Ma ne sta cercando una.

Il computer di cui parlavo poco fa conteneva un documento di 19 pagine su come rendere un’arma la peste bubbonica da animali infetti ed istruzioni per mettersi in sicurezza al momento dello sviluppo  dei microbi, in sostanza disposizioni per proteggere i tecnici del gruppo dall’esposizione.

Ufficiali di sicurezza credono che le parti di animali in decomposizione trovate in uno zaino di un estremista legato agli attacchi di Bruxelles nel 2016 erano intesi a avvelenare cibo e acqua.

Questo tipo di guerra biologica, in giro da millenni, se da un lato ha la capacità di disseminare un alto livello di paura, dall’altro risulta raramente efficace.

“Stato islamico” ad armi biologiche

L’organizzazione estremista islamica ha già un certo numero di scienziati sul suo libro paga. In Iraq, Libia, Siria, lo “Stato islamico” ha accesso ai residuati dei programmi di guerra biologica costruiti da Saddam Hussein, Moammar Gheddafi  e Hafez al – Assad (padre di Bashar al-Assad attuale presidente della Siria) con l’aiuto dei sovietici.

Il prossimo passo potrebbe essere costruire una nuova generazione di armi biologiche, geneticamente modificate, più sicura da maneggiare, più facile da distribuire e molto più letale rispetto ai vecchi materiali patogeni come l’antrace.

Limiti allo sviluppo di armi biologiche da parte dell’ISIS

Un limite allo sviluppo di questo tipo di armi è che i generatori di corrente in Iraq e in Siria non sono sufficientemente affidabili per i frigoriferi e gli incubatori necessari agli agenti biologici.

E le armi chimiche? A che punto è lo “Stato islamico” con quest’arma di distruzione di massa?

Diversi rapporti dei media indicano che lo “Stato islamico” adopera armi chimiche, specificatamente l’iprite. Questi rapporti rivelano, tuttavia, che è questo agente è grezzo e non ha prodotto gli effetti massicci tipici di un programma condotto da uno stato. Ci sono anche segnali che l’organizzazione estremista ha sviluppato almeno un programma di piccola scala di armi chimiche e potrebbe aver ottenuto armi chimiche da riserve non dichiarate o abbandonate del governo siriano.

La possibilità che  le armi chimiche usate potrebbero venire da materiale non dichiarato di riserve siriane è stato documentato da varie fonti dei media.

Al Qaeda organizzò un attacco biologico, ma non lo mise in pratica

Prima dell’11 settembre, Al Qaeda iniziò a sviluppare un dispositivo chiamato mubtakkar, che significa “invenzione”, per disseminare acido cianitrico e altri gas tossici. Nel 2003 alcuni operativi di Al Qaeda in Arabia Saudita complottavano per utilizzare un dispositivo di gas velenoso nel sistema della metropolitana di New York, ma il progetto fu interrotto dopo che l’allora vice di Al Qaeda, Ayman al – Zawahiri, decise di che non doveva essere portato a termine. La cellula aveva pianificato di disperdere quantità di acido cianitrico.

Limiti:

agenti chimici come l’acido cianitrico, il sarin sono altamente corrosivi e richiedono la conservazione in ambienti altamente controllati. Per esempio, alte temperature e umidità colpirebbero le reazioni chimiche usate per farne armi e la loro efficacia. La natura corrosiva di questi agenti rende la conservazione a lungo termine e il trasporto su lunghe distanze molto difficile, senza appropriati contenitori e un ambiente adatto. Questi limiti suggeriscono che è molto probabile che gli agenti sviluppati dall’ ISIS sarebbero impiegati immediatamente dopo la produzione e in stretta prossimità al territorio che controlla.

Mentre non può essere esclusa la possibilità che il gruppo estremista islamico impieghi un dispositivo gas velenoso rudimentale in occidente nei prossimi anni, il gruppo dovrebbe con tutta probabilità costruire il dispositivo vicino alla località dell’attacco che pianifica.

Lo “Stato islamico” molto probabilmente continuerà ad impiegare le sue munizioni chimiche, limitate, sia in Siria che in Iraq mentre cerca la capacità di espandere il suo programma per colpire un obiettivo maggiore in occidente.

L’uso da parte del gruppo estremista islamico di armi di distruzioni di massa pone una grande minaccia psicologica più di una minaccia fisica ai suoi nemici.

Il gruppo continuerà ad impiegare le più semplici e più immediatamente disponibili armi di distruzione di massa a loro disposizione: le armi chimiche. La proliferazione di questo programma rimane una preoccupazione specialmente con la disponibilità di materiali chimici tossici industriali che potrebbero essere modificati e dispersi in un attacco chimico. Mentre gli effetti di questo tipo di dispositivi potrebbero essere limitati a piccole aree geografiche, l’impatto psicologico su una nazione occidentale sarebbe significativo.

 

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Fonte: http://www.barbarafaccenda.it/terrorismo-biologico-e-stato-islamico/

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