venerdì 23 dicembre 2016

Yemen: storia di una morte nell’indifferenza generale

Lo Yemen non è in cima all’agenda politica internazionale di nessuno e lentamente muore la sua popolazione sull’orlo della carestia, con una crisi monetaria, il blocco navale, nella generale noncuranza di tutti anche dei mezzi di informazione.

Nel periodo natalizio, se ci fate caso, spuntano sempre quei servizi giornalistici di grande pathos su un qualche paese in guerra con le immagini di bambini pieni di polvere se non di quelli morti, con delle bambole di pezza, soli con intorno soltanto macerie. I bambini yemeniti non hanno questo privilegio, non compaiono mai. La guerra nello Yemen è una delle guerre dimenticate di questo mondo, quelle che non suscitano la commozione e l’indignazione di nessuno, quelle che neanche per Natale vale la pena di nominare. Eppure nello Yemen si gioca una partita politica locale e regionale importante. Eppure nello Yemen ogni 10 minuti un bambino muore e molti altri sono costretti a diventare bambini soldato. Eppure 2.2 milioni di bambini yemeniti hanno urgente bisogno di assistenza sanitaria. Eppure centinaia di migliaia di persone yemenite sono incapaci di far fronte ai bisogni essenziali quali il cibo, non hanno accesso all’acqua pulita e ai servizi igienici. Qualcosa come 3.5 milioni di yemeniti sono senza casa.

Lo Yemen: uno shock dopo l’altro

Sin dalla primavera araba del 2011, lo Yemen ha vacillato da uno shock politico ad un altro. Il suo leader autoritario, il Presidente Ali Abdullah Saleh fu cacciato dal potere da una pressione popolare, ma il suo successore, Mansour Hadi, non ha saputo guadagnarsi il sostegno del suo paese. I ribelli Houti hanno preso il potere nel settembre del 2014 e a marzo dell’anno successivo, il Presidente Hadi è stato forzato all’esilio nella capitale saudita, Ryhad.

Da allora, il paese è imploso dal momento che la coalizione a guida saudita ha iniziato a combattere i ribelli Houti, che beneficiano, come è ampiamente ritenuto, del sostegno finanziario e delle armi iraniane.

L’influenza di attori esterni ha esacerbato il conflitto in uno Stato che già combatteva per mantenere insieme la struttura nazionale dopo decadi di governo autoritario.

Sull’orlo del baratro: la carestia

Il governo riconosciuto internazionalmente, che è stato spinto fuori dalla capitale Sanaa dagli Houti nel 2014, ha completamente rigettato l’ultima proposta delle Nazioni Unite, mentre i ribelli lo scorso mese hanno annunciato la formazione di un nuovo governo.

Tra queste posizioni politiche divergenti e lo stallo militare, esacerbato dalla crisi monetaria e dal blocco navale, le agenzie umanitarie hanno, ancora una volta, avvertito che lo Yemen, già in una crisi umanitaria su vasta scala, è sull’orlo della carestia.

Le importazioni chiave di cibo sono già scese al di sotto della metà dei bisogni del paese e condizioni di carestia si riscontrano in molte aree.

Secondo l’UNICEF, almeno 462,000 bambini yemeniti sono severamente malnutriti, con 2.2 milioni in necessità di urgente assistenza sanitaria.

Ogni 10 minuti un bambino muore in Yemen.

L’appello umanitario delle Nazioni Unite per lo Yemen, in questo anno, è stato finanziato solo per il 58% del suo bisogno.

Malgrado tutto ciò, la situazione umanitaria ed economica di questo paese, difficilmente appare essere al primo posto dell’agenda delle potenze politiche che guidano questa guerra ovvero dei loro sponsor regionali.

Il rifiuto del piano di pace e la formazione di un governo ribelle sono solo gli ultimi episodi di una serie di mosse “tit-for-tat”del governo in esilio del Presidente Abd Rabbu Mansour Hadi e dei suoi rivali, un’alleanza dei ribelli sciiti Houti e dei fedelissimi dell’ex Presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh.

Ad ottobre, Hadi ha emanato un decreto per spostare il quartier generale della Banca Centrale dello Yemen da Sanaa ad Aden, tagliando effettivamente l’accesso al settore bancario internazionale, separandosi anche da centinaia di tecnocrati preparati che lavoravano nella banca dalla capitale. Lo spostamento della banca ha generato la paura che l’economia potesse essere usata come arma, parte della guerra.

L’alleanza Saleh-Houti ha reagito, lo scorso mese, nominando un nuovo governo, un colpo preciso ad Hadi che è riconosciuto internazionalmente come il legittimo leader dello Yemen, ma il cui governo fa poco nel governare attualmente, visto che ha perso Sanaa, insieme a molte istituzioni governative.

L’annuncio degli Houti del nuovo governo è stato oggetto di discussione sin da ottobre quando Abdulaziz bin Habtoor, l’ex governatore di Aden, è stato nominato primo ministro dei ribelli. Bin Habtoor è stato scelto dal Consiglio Supremo Politico, recentemente formatosi, un organo politico composto da Houti e membri dell’alleanza “General People’s Congress” pro-Saleh, per rappresentare i loro interessi congiunti. Il Consiglio è guidato da Saleh al-Sammad; formato nel tardo luglio 2016, è stato visto come un serio impedimento per gli sforzi delle Nazioni Unite di negoziare una tregua e i colloqui di pace per porre fine ad un conflitto di 20 mesi. Questo governo guidato da bin Habtoor non farà altro che aumentare questo senso di impedimento.

L’inviato delle Nazioni Unite per lo Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, ha espresso frustrazione per la nomina di un governo dei ribelli, che con molta probabilità spingerà Hadi verso una posizione ancora più difensiva.

L’amministrazione Obama ha bloccato qualche settimana fa alcuni dei sostegni militari alla campagna dell’Arabia Saudita in Yemen proprio per il gran numero di vittime civili. Tuttavia, il supporto americano continuerà in altre aree, in particolare rifornendo gli aerei della coalizione e condividendo più intelligence.

Futuro incerto

Con il presidente eletto, Donald Trump, che inizierà il suo lavoro il 20 gennaio ed il nuovo Segretario Generale delle Nazioni Unite, Guterres, che inizierà l’11 gennaio, il vuoto di potere internazionale renderà ogni svolta politica sempre più improbabile.

Lo Yemen era già difficilmente in cima all’agenda internazionale dunque le vittime della “guerra dimenticata” in Yemen possono aspettarsi poco respiro.

Le principali vittime del conflitto

Le principali vittime del conflitto in Yemen non sono le forze armate delle due parti, ma persone ordinarie. Queste sono persone incapaci di far fronte ai loro bisogni essenziali di cibo e che mancano dell’accesso ad acqua pulita e ai bagni. Qualcosa come 3.5 milioni di Yemeniti sono senza casa: o si sono spostati in altre parti del paese o sono rifugiati in altri paesi.

I cessate-il-fuoco di 48 o 72 ore, anche se rispettati dalle parti in lotta, sono come un granello di sabbia nel deserto quando si tratta degli immensi bisogni che il conflitto ha generato. Non è sicuramente abbastanza tempo per ricostruire le case distrutte, i negozi, le cliniche, gli ospedali, neanche per salvare centinaia di bambini yemeniti costretti a diventare bambini soldato.

Anche se cessate-il-fuoco brevi offrono una finestra sufficiente per le agenzie umanitarie, che potrebbe essere estesa, c’è, in ogni caso, un significativo ostacolo: le risorse per l’aiuto. Sebbene l’Unione Europea, così come gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, abbiano promesso aiuto ed assistenza allo Yemen nel quadro del piano di risposta umanitaria, alcuni hanno promesso fondi che non si sono mai materializzati.

 

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Fonte: http://www.barbarafaccenda.it/yemen-storia-di-una-morte-nellindifferenza-generale/

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