sabato 31 dicembre 2016

Breve storia dei BOT e del perché il 2017 sarà l’anno delle interfacce naturali

Nel post precedente ho sostenuto che il software, cuore di tutti gli oggetti che ci accompagnano quotidianamente nei compiti più disparati, sta vivendo un momento d’oro di trasformazione grazie alle nuove tecniche di Intelligenza Artificiale. In particolare quelle del Machine Learning e del Deep Learning non solo renderanno il software più utile, e di conseguenza più “smart” gli oggetti che lo incorporano, ma incideranno profondamente sul nostro modo di relazionarci con essi.

Il fenomeno più interessante da questo punto di vista è quello dei BOT (da robot) ossia software, detti “agenti”, che agiscono per conto di un essere umano, facendone le veci ed emulandone, più o meno bene, il comportamento che ci si aspetterebbe. Fino a poco tempo fa questi software erano esclusivamente basati su regole predefinite, per cui la loro applicazione è risultata essere abbastanza limitata. In pratica le domande dell’utente e le risposte del software erano rigorosamente previste dal programmatore.

Oggi con il miglioramento delle tecniche di intelligenza artificiale, supportate da più imponenti risorse hardware di calcolo, è possibile programmare i BOT affinché compiano operazioni più complesse, imparando anche dal comportamento quotidiano dell’utente.

A tal proposito si parla di “Transational BOT”, di “Conversational BOT” o “Chat Bot”, cioè in grado di sostenere una conversazione con un umano, al fine di aiutarlo a risolvere un problema o a concludere un acquisto.

bot

credits pixabay.com

Storia dei BOT

Alcuni fanno risalire il primo esempio di BOT al 1966 quando l’informatico Joseph Weizenbaum creò Eliza, in grado di rispondere, però, solo a semplici domande. Il momento di svolta arrivò nel 1971 con Parry, di Dan Jurafsky, che riuscì a superare il test di Turing ossia ad ingannare gli psichiatri che non riuscirono a distinguerlo da pazienti psicotici in carne ed ossa.
Il primo BOT ad essere utilizzato in prodotti commerciali di ampia diffusione fu SmarterChild, che nel 2001 venne incorporato in AOL Messenger e in MSN Messenger. Nato come un gioco di avventura testuale, divenne presto un “amico” in grado di rispondere a domande sul tempo, sull’andamento delle azioni, sugli orari dei cinema e così via. Complessivamente venne usato da oltre 30 milioni di utenti.
Il 2006 fu l’anno di Watson, che sarebbe riduttivo considerare un BOT in quanto vero e proprio sistema complesso di intelligenza artificiale basato su tecniche di Machine Learning e di Natural Language Processing. In pratica un sistema in grado di comprendere domande a dominio aperto, cioè nei campi più disparati, poste in linguaggio naturale e di rispondere correttamente. Nel febbraio 2011, Watson riuscì a battere i concorrenti del popolare quiz televisivo Jeopardy!, in tre diverse puntate.

I BOT di oggi e di domani

Oggi l’uso dei BOT viene sperimentato in diverse situazioni, sia in ambito business to business, che business to consumer. In particolare lo sviluppo più interessante è come agente in grado di assistere il consumatore in tutte le fasi della vendita.
North Face ha sperimentato l’uso di un assistente personale in una sezione del suo sito web aziendale. Andando all’indirizzo XPS potete vederlo in azione. Il software, attraverso una sequenza di domande, vi aiuterà a scegliere la giacca più adatta alle vostre esigenze, comprendendo le vostre risposte date in linguaggio naturale.

Piattaforme come Slack, per la collaborazione aziendale, e Telegram, per la messaggistica istantanea, sono state tra le prime a proporre un uso massiccio di questa tecnologia, aperto agli sviluppatori di terze parti. Qui i BOT vengono usati per automatizzare certi servizi, in modo da determinare un risparmio di tempo uomo oppure recapitare informazioni in modalità push.

Ma i BOT prenderanno piede e si moltiplicheranno quando diventerà più semplice la loro creazione. E infatti in questa direzione stanno andando tutti i grandi player tecnologici. Quest’anno Mark Zuckerberg ha reso disponibile una tecnologia, chiamata Wit.ai, che facilita lo sviluppo di agenti software conversazionali, in grado di comprendere il linguaggio naturale e interagire con gli utenti di Facebook Messenger (ormai oltre 1 miliardo). C’è da dire che WeChat in Cina già offre da tempo servizi di questo tipo.

CNN è stata la prima a creare un bot per inviare notizie sotto forma di messaggi istantanei su Messeger. Il destinatario, scelta la notizia d’interesse, se non ha tempo di leggerla, potrà chiedere un riassunto della stessa o fare altre domande per approfondire.
Aziende come 1-800-Flowers o KLM usano i bot di Facebook per automatizzare e snellire il processo di acquisto. Usando la chat è possibile ordinare un prodotto, scegliere il destinatario della consegna, pagare e seguire anche il tracciamento della spedizione. Tutto senza dover parlare con una persona.

Amazon sta facendo leva su Echo, il suo device casalingo, che usa la tecnologia vocale Alexa, per velocizzare gli acquisti sul suo store. In pratica le persone possono dialogare con Echo per trovare prodotti, compare prezzi e concludere l’acquisto. Allo stesso tempo gli sviluppatori possono attingere ai servizi di Alexa usando una serie di funzioni, detti “Alexa Skills”.

Similmente, Google ha reso disponibile “Actions on Google”, un set di funzioni che permettono alle aziende di integrare i propri servizi nelle piattaforme in cui è presente Google Assistant (al momento nel device casalingo Google Home, nel sistema operativo Android e nell’instant messenger Allo).

Il 2017 potrebbe essere l’anno che segnerà una diffusione massiccia dei BOT e delle cosiddette “interfacce naturali”, che dovrebbero semplificarci l’esistenza, soprattutto facendoci risparmiare tempo, la vera risorsa scarsa di questi anni. Ciò accadrà se le tecniche di Intelligenza Artificiale miglioreranno, rendendo sempre più naturale il dialogo con un software. Resta da capire se si affermerà una piattaforma di distribuzione prevalente oppure se avremo a che fare con più attori.

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Fonte: http://www.chefuturo.it/2016/12/bot-chatbot-ia/

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