“Oggi la banca è risanata, e investire è un affare. Su Monte dei Paschi si è abbattuta la speculazione ma è un bell’affare, ha attraversato vicissitudini pazzesche ma oggi è risanata, è un bel brand”. Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri, al Sole 24 Ore, 22 gennaio 2016. Quindi il problema era la speculazione. Era esterno. La banca in sé era solida. E parliamo non di decenni fa, ma dell’inizio di quest’anno. Una banca risanata, che dopo pochi mesi si trova sull’orlo dell’abisso. Incredibile che in così poco tempo la situazione sia precipitata in questo modo, vero? Le cose devono essere completamente cambiate nel “bel brand” di Monte Paschi se il Parlamento autorizza il governo a stanziare fino a 20 miliardi di scudo. Cambiate da un giorno all’altro.
Autorizzazione arrivata in un attimo. Prima dalla Camera, e subito dopo dal Senato. Ma non ci hanno ripetuto fino alla nausea che bisognava cambiare la Costituzione per renderla più “efficiente ed efficace”? Che il bicameralismo perfetto rallentava troppo i processi? Che nel 2016 non siamo più negli anni ’40 del secolo scorso, che i tempi sono cambiati, e oggi i tempi sono quelli dei mercati, non della democrazia? Strano però che, quando serva, ecco che il governo chiede l’autorizzazione in Parlamento, il Parlamento autorizza, il governo procede. Così. Da un giorno all’altro.
E cosa viene autorizzata? La possibilità di contrarre un maggiore debito fino a 20 miliardi di euro per correre al capezzale delle banche. Ma come? Ma non sono anni che ossessivamente ci viene ripetuto, ogni giorno, che dobbiamo accettare sacrifici, che c’è l’austerità, che dobbiamo tagliare la spesa pubblica, che “è l’Europa che ce lo chiede”, che i vincoli di bilancio ci obbligano a tagliare ovunque, che abbiamo il pareggio di bilancio in Costituzione, che…? E hop, se serve il Parlamento autorizza il governo a fare 20 miliardi di debito in più. Cambia tutto. Da un giorno all’altro.
Come mostra l’ultimo rapporto di Sbilanciamoci!, investire seriamente in politiche culturali significherebbe una maggiore spesa di 500 milioni. Ma non ci sono 500 milioni per la cultura. Integrare il fondo nazionale per le politiche sociali e fornire risorse per il sistema di servizi pubblici per l’infanzia si potrebbe fare con meno di un miliardo l’anno. Ma non c’è un miliardo per i servizi pubblici per l’infanzia o per le politiche sociali. Un investimento di tre miliardi l’anno nella scuola, l’università e la ricerca permetterebbe di cambiare radicalmente l’offerta formativa in Italia. Ma non ci sono tre miliardi per l’istruzione e la ricerca. Interventi di prevenzione dei rischi sismico e idrogeologico significherebbero maggiori investimenti per circa tre miliardi. Ma non ci sono tre miliardi per la tutela del territorio. Però 20 miliardi di scudo per salvare le banche si trovano senza problemi. Da un giorno all’altro.
Il nuovo scudo salva-banche potrebbe intervenire anche per rafforzamento patrimoniale, ovvero intervento diretto nelle ricapitalizzazioni. Ma non sono anni che ci ripetono che un tale intervento è un tabù assoluto? Che la strada verso un futuro radioso passa inevitabilmente dalle privatizzazioni? Poco importa se in passato è stato privatizzato il 100% delle banche italiane – una cosa che nemmeno la Thatcher in Gran Bretagna aveva fatto – e i risultati sono oggi questi. Poco importa se le privatizzazioni non hanno mai portato a una diminuzione del debito pubblico. Poco importa se le privatizzazioni in Italia si chiamano Telecom, Alitalia o Ilva, e sono finite con (s)vendita a gruppi stranieri o disastri industriali. Non si può fare. Però quando la situazione è disperata le cose cambiano, e la toppa pubblica che arriva a chiudere le perdite private diventa fattibilissima. Anni di mantra sulle privatizzazioni spazzati via in un attimo. Da un giorno all’altro.
Evidentemente le verità assolute non sono cosi assolute, ma si possono rimettere in discussione. Meccanismi che da anni ci sono presentati come oggettivi e immutabili, a partire dal funzionamento dei mercati e dell’economia, sono in realtà frutto di precise scelte e decisioni politiche, se non ideologiche, e come tali possono essere rimesse in discussione. Visti i disastri sociali, ambientali ed economici che stiamo vivendo, forse sarebbe proprio il caso di rimetterle in discussione. I media riportano che la somma per mettere al sicuro le banche sarebbe superiore ai 50 miliardi, ben lontana dai 20 stanziati mercoledì. Ma il punto non è quanti accantonamenti servano per coprire le svalutazioni sui crediti nei bilanci delle banche. Il punto è non aspettare la prossima tempesta, ma iniziare a cambiare rotta. Da subito. Da un giorno all’altro.
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Fonte: http://sbilanciamoci.info/salva-banche-20-miliardi-un-giorno-allaltro/
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