Rubrica a cura di Angelo Luigi Camillo Ciribini,
La disciplina del Restauro, a prescindere dalle formalizzazioni ottocentesche, nasce, come è noto, allorché, nel Settecento, si inizia definitivamente a prendere le distanze dal Passato, si comincia a distinguerlo dal Presente.
In questo senso, la nozione di Fruibilità o di Fruizione del Bene Culturale, alla luce della Digitalizzazione, potrebbe ritrovare una accezione, per così dire, Pre-Moderna, nella dizione, per antitesi a quella adottata per il Restauro da Quatremère de Quincy, nel senso che quella lontananza potrebbe, virtualmente e ludicamente, essere annullata.
Il portato delle più «recenti» teorie, legato alla Conservazione, prevede, d’altra parte, il riconoscimento della dignità e dell’apprezzamento di tutte le tracce stratificatesi sull’Edificio, ivi inclusi i danni da eventi sismici, nonché la autonomia (un tempo, addirittura, reversibile: nelle ipotesi di metodo) delle addizioni che la progettualità contemporanea opera per via, anzitutto, di necessità funzionale, oltre che formale.
Per certi versi, infatti, la Funzionalità del Bene, nozione «processuale», «immateriale», manifestatasi, ad esempio, sotto le vesti dell’Accessibilità o della Prevenzione degli Incendi, pone minacce alla Autenticità e alla Integrità dello stesso, esattamente alla stessa stregua dell’Adeguamento Sismico.
Per questa ragione, la consistenza materica, la sua Unicità, ha assunto una fondamentale importanza, dando luogo, in passato, a una fascinazione per le tecniche analitiche non distruttive, oltre che per quelle di intervento, per la loro scientificità, che ha, nonostante alcuni paradossi, permesso alla disciplina di estendere il proprio corpus e, al contempo, di meglio legittimarlo: tra Umanesimo e Scientificità.
Quale che sia la vicenda, è innegabile che la Matericità, la Materia Signata che Edoardo Benvenuto aveva interrogato in maniera sottilmente provocatoria, abbia assunto una veste centrale nella legittimazione della disciplina, andando oltre sia il visibilismo che la trascendeva completamente sia la selettività che la rimuoveva parzialmente
La Digitalizzazione, pertanto, che riguarda la riduzione a Dato Numerico (non a caso, i Francesi parlano di Maquette Numérique) dell’Analogico, del Bene Culturale Immobiliare, sollecita e interroga in profondità questa dimensione, nel senso della esaustività del quadro conoscitivo delle condizioni del Manufatto: sulla Scala del Continuo.
Un primo passaggio rivelatore è stato, infatti, indicato dal ricorso alla generazione di Nuvole di Punti (sia per via degli strumenti topografici sia attraverso il Digital Imaging: forse al di fuori, dunque, della Rappresentazione, nella sua originaria accezione) che, tuttavia, al di là del Visibile, deve, comunque, confrontarsi con l’interpretazione «autentica» della logica costruttiva che ne permette la traduzione in Modelli Informativi, prima, e in Modelli a Elementi Finiti, poi: pur sempre, comunque, in Modelli, dunque.
Più in generale, la Modellazione e la Gestione Informativa hanno, di fatto, sollecitato a ricomprendere nel Modello Informativo tutti gli elementi geometrico dimensionali e alfa numerici che fosse possibile desumere da una pluralità di fonti: umanistiche e scientifiche, strumentali e archivistiche, appunto
Quali sono, però, i fattori determinanti nel momento in cui il Bene Culturale Immobiliare è riportato alla duplice contestualizzazione della Prevenzione/Riparazione a causa di eventi alluvionali o sismici e della Fruizione/Valorizzazione tipiche dei contratti partenariali?
Probabilmente, essi risiedono in quello che, nella Manifattura 4.0 Germanica (quanto di più remoto dalla Conservazione possa esservi) è definito un Sistema Ciber-Fisico e che si concreta nel rapporto tra Uomini e Macchine (altro riferimento, di primo acchito, avulso dal contesto di cui discorriamo).
È chiaro che le più recenti versioni della Teoria della Conservazione, incentrate con grande arguzia sulla Conservazione Programmata e Predittiva, tendono, per come lo intuiamo dal Programma di Ricerca Comunitario intitolato CHANGES (Changes in Cultural Heritage Activities: New Goals and Benefits for Economy and Society) saggiamente a oltrepassare lo iato che intercorre tra una concezione puntuale, statica, delle prassi conservative e a invertire lo schematismo economicista, attraverso l’inculturamento, l’acculturazione, del «giacimento», dilatando,mostre a tutto, il Cespite entro una Area Territoriale Distrettuale.
Sotto diversi aspetti, infatti, la Scala del Continuo connota questo approccio:
– quello territoriale (che collega il Bene Culturale Immobiliare alle altre Entità Territoriali);
– quello sociale (lo Smart Citizen è in relazione coi Beni Culturali Distrettuali);
– quello operativo (ogni intervento puntuale ha la sua ragione d’essere nel Ciclo, qui Indeterminato, di Vita).
Ciò, però, consente di ritornare a interrogarsi sul significato di Bene Culturale Immobiliare, raccordandolo all’espressione, «blasfema», di Prodotto Immobiliare.
Nel Bene Culturale Immobiliare, nella sua Matericità, possiamo, perciò, intra-vedere: tanto consultando Dati e Informazioni contenute nelle Entità del Modello quanto «aumentando» la visione del Bene Tangibile, sovrapponendo a esso il suo Doppio Digitale.
Epperò, la connessione tra di essi ormai avviene, o meglio potrebbe accadere, interamente nell’Ecosistema Digitale, poiché i Dati introdotti nel Modello si leggono sull’Originale nella Realtà Aumentata, ma, soprattutto, perché, una volta posti i sensori sull’Edificio, i Dati aggregabili in Informazioni che da esso provengono rendono dinamico il Modello.
Quale migliore legittimazione per la Conservazione Predittiva e Programmata? Ma anche quale straordinario limite!
Qui, inoltre, entriamo nel vivo della faccenda: il Bene Culturale Immobiliare è «modellabile» quale Cespite Interconnesso e Geo-Spazializzato su un Territorio, per cui esso non vive più una vita propria.
Al contempo, però, nel Modello Informativo alimentato dalla Sensoristica si, anzitutto, accumulano «continuamente» Dati e Informazioni da cui spesso molto di più si riuscirebbe a inferire col Cognitive Computing, non solo utilizzando le Big Data Analytics che concernono l’Edificio, ma anche quelle che riguardano i suoi Occupanti/Utenti/Fruitori.
Di quel Bene, la cui Consistenza Materica resta pur sempre il discrimine (tra Las Vegas e Venezia, tra Disneyland e il Borgo Storico), la «rappresentazione» dipende, dunque, da Flussi: Informativi, Energetici, Meccanici, Fruitivi.
I Flussi sono, di fatto, anche la causa determinante della dislocazione semantica del Cespite: che deve ospitare Fruizioni Differenziate (si pensi al Turismo Accessibile), che deve essere raggiungibile dall’intorno, che lo determina per attività economiche.
Nell’Era del Tempo Reale, l’«ecumenismo» della Conservabilità (che, non dimentichiamolo, è stata pure assimilata al Ruinismo) appare dinamico: in essa tutto si muove, senza risultare paradossale: Conservazione di Entità in Evoluzione.
Il Restauro ottocentesco si sviluppa, in Francia, con Guizot e Merimée, in un certo modo, congelando uno stato, una immagine, dell’Edificio da Tutelare alfine di promuovere un certo ambito culturale e politico: nell’Europa di Delors e di Schuman, ammesso che essa vi sia ancora, si tratta di mantenere ancora uno stato, questa volta, appunto, evolutivo, per consentire molteplici Interpretazioni e Fruizioni del Cespite Culturale Immobiliare.
Colla Digitalizzazione, in effetti, la Realtà Virtuale e la Realtà Aumentata consentono, a proprio giudizio, al Fruitore di «consumare» il Bene Culturale Immobiliare senza comprometterne l’Integrità, vale a dire, l’Evoluzionalità: perché l’Era del Circolare e del Digitale è l’Epoca dei Servizi alla Persona, Individualizzati, di una Norma che può farsi Adattiva.
Ecco, allora, che la Basilica, intesa come un Cespite Analogico dotato del proprio Doppelganger Digitale, ma anche come uno degli idealtipi dei soggetti ai Dissesti, può diventare centro di un Distretto Culturale, di una Agglomerazione Urbana, di una Comunità Cultuale, pensato come Luogo della Interconnessione che dialoga con Praticanti, Cittadini, Turisti.
La difficoltà, però, sta tutta nel collocare il Bene Culturale Immobiliare, così come il Prodotto Immobiliare, in una «terra intermedia» tra Prestazioni dell’Edificio e Comportamenti del Fruitore, cosicché il reciproco riconoscimento sia realizzato.
D’altra parte, l’Autorialità, sulla Scala del Continuo, non sarà di chi «firma» l’intervento puntuale, bensì di coloro che disintermediano e ricompongono incessantemente i diversi Attori.
Fonte:
https://greenhubblog.com/2016/11/21/la-basilica-cognitiva/